E perchè il duca di Feria erasi assai trattenuto in Palermo, i Messinesi per ottenere dalla corte di Madrid, che si recasse in Messina, regalarono nel 1604 al re una statua d’argento del peso di 120 libbre, che figurava il genio di Messina in atto di presentare al re un’urna d’oro con entrovi le reliquie di s. Placido. Ottennero quanto bramavano; il vicerè si recò in Messina (616); vi convocò il parlamento e ne ottenne, oltre gli ordinarî donativi, uno straordinario di dugentomila scudi. Messina, che in forza de’ suoi privilegi credea essere esente dai donativi straordinarî, sostenne quel privilegio con offrirne centomila da se sola. Adescata da tali doni la corte di Madrid, sostenea sempre i privilegi di Messina, quali che fossero stati i danni che al regno ne venivano.
Gravi dispute ebbero luogo per un’altra zecca, che il vicerè marchese di Vigliena volea stabilire in Palermo, per estirpare sollecitamente le monete mancanti, che eransi introdotte e portavano grave nocumento al commercio. Più anni si dibattè; Messina l’ebbe vinta; intanto le monete mancanti eransi accresciute a più doppî; immensa fu la perdita nel ricambiarle; oltrachè per aver l’argento, onde coniar la nuova moneta, si tolse a forza a chi ne avea, pagandone dieci tarì l’oncia. Nè men grave fu la perdita, che si fece allora, d’una gran parte delle pubbliche scritture della cancelleria del regno, pel naufragio della nave, che le portava.
Pure se è biasimevole la politica del governo spagnuolo nel privilegiare una sola città con tanto danno di tutto il regno, è certo ammirevole la fermezza de’ Messinesi nel sostenerli a costo di qualunque sacrifizio.
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