Tumultuazioni erano accadute in Messina nel 1646, perchè per la carestia erasi diminuito il peso del pane; tumultuazioni erano accadute per la stessa ragione l’anno appresso in Palermo e nella maggior parte delle città e terre del regno. E perchè erasi menata buona la dimanda della plebe palermitana di abolirsi le gabelle e di scegliersi nuovi magistrati municipali, da per tutto furono a furia di popolo abolite le gabelle e cacciati i magistrati. Ivi a poco un Giuseppe d’Alessi volte far la scimia a Masaniello e gli venne fatto. Levò la plebe a sommossa; il vicerè fuggì; la poca truppa spagnuola si ritirò; lo Alessi cominciò a governare a senno suo la città col titolo di capitan generale del popolo e sindaco perpetuo della città. Ebbe assegnata una guardia di settanta soldati, pagati dal comune, ed il soldo di duemila scudi l’anno. Dopo pochi giorni quel tumulto fu represso, lo Alessi fu messo a morte, non dalla forza del governo, chè non ne avea, e molto meno per l’abilità del vicerè marchese di los Veles, ma da’ pescatori, dagli orefici, da’ preti, da’ nobili. E comechè severamente fossero stati gastigati molti dei compagni dello Alessi, ed al doppoco los Veles, morto nel novembre del 1647, fosse succeduto al governo il cardinale Teodoro Trivulzio, uomo fermo e coraggioso, pure la forza era sempre in mano della plebe; la custodia della città e de’ baluardi guerniti d’artiglierie era affidala ai consoli degli artieri; però le tumultuazioni e le congiure ripullulavano.
VI. - Un Francesco Vairo calabrese, domestico della principessa di Roccafiorita, il quale godea opinione di tal probità, che la principessa aveagli dati in deposito trentamila scudi; agiato di beni di fortuna; d’età matura; con numerosa famiglia; nelle passate vertigini erasi mostrato zelantissimo in favore del governo.
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