Messosi il prete in viaggio, ebbe a compagno il marchese Maffei, che da Palermo a Roma recavasi, e, come è solito tra compagni di viaggi, strinsero dimestichezza. Lo sciocco prete, creduto colui un francese, palesogli l’oggetto della sua gita, e colui non volle trarlo d’inganno e facea le viste di approvare il suo pensiere. Giunti in Roma, gli disse, che per fargli meglio riuscie l’affare, sarebbe ito a prevenire l’ambasciatore di Francia, e intanto stesse chiuso nella sua stanza, a scanso che alcun siciliano o spagnuolo non lo vedesse; e così fece.
Il Maffei intanto corse ad avvertire il conte di Ognate, ambasciatore di Spagna, della scoperta; col quale convenne di dire al prete, che per guardare la necessaria secretezza sulla sera avrebbe mandato a levarlo colla sua carrozza. Tornato all’osteria, il Maffei disse al prete essere lo ambasciatore di Francia lietissimo del suo arrivo, e la sera si sarebbe secolui abboccato. Fatto notte, il conte d’Ognate spedì la sua carrozza con servidori vestiti alla francese; ed ebbe a se il Platanella e lo accolse con maniere gentilissime. Ebbro il prete di tanto onore, pieno di belle speranze, palesogli tutto il suo pensiere: anzi a richiesta dell’ambasciatore scrisse una memoria, in cui conteneasi tutto il proggetto e’ nomi dei consoli, ch’ei dicea di averlo spedito. Il conte, per meglio deluderlo, lo tenne ad albergo in sua casa, ed assegnolli due soldati, travestiti da servitori, con tutt’altro incarico che quello di servirlo. Dopo alcun giorno finalmente gli disse esser mestieri, che facesse tosto ritorno in Sicilia per meglio combinare le cose; avrebb’egli provveduto alle spese del suo viaggio: e intanto fu largo nel promettere ajuti del re di Francia.
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