Datogli danaro in copia, lo fece imbarcare sul Tevere e fecelo accompagnare da un uffiziale borgognone, fattogli credere d’esser francese, al quale die’ secretamente l’incarico d’arrestare il compagno, giunti appena in Sicilia, e consegnarlo al cardinal Trivulzio. La barca, che li portava, da una tempesta fu trasportata a Milazzo. Quel baccello fu consegnato ad un capitano d’armi e condotto in Palermo. Esaminata la cosa, fu trovato essere i consoli affatto innocenti. Il prete morì sulle forche.
VII. - Pure fra tante cospirazioni, che di giorno in giorno rinasceano, una ne fu ordita nel 1649 la quale e per la condizione de’ congiurati e per l’oggetto, cui miravano, die’ assai che temere al governo. Era il re Filippo III passato alle seconde nozze con Maria Anna d’Austria figliuola di Ferdinando III imperatore di Germania. Mentre in Sicilia faceansi feste per il maritaggio, si sparse voce d’essersi il re ammalato e poi morto. Ciò dava luogo in tutti i crocchi a varî ragionari sul futuro destino della Sicilia. Antonio del Giudice e Giuseppe Pesce, avvocati di gran nome in Palermo, si diedero ad insinuare nelle case de’ signori, ove familiarmente usavano, essere oramai favorevole la congiuntura di scuotere la straniera dominazione; avere il regno perduto il nome e la potenza, dachè lo scettro era passato in mani straniere e lontane; dovere i baroni siciliani promovere ora alcun di loro al trono, nè mancare in Sicilia famiglie, le quali per l’antichità del legnaggio eran degne di corona; esser questo il solo mezzo di risorgere il regno alla grandezza, cui era giunto sotto i principi normanni, svevi ed aragonesi.
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