Questi discorsi erano generalmente graditi, e più che altri vi dava orecchio il conte di Mazzarino de’ Branciforti sulla speranza di esser egli assunto al trono; e die’ a far delle pratiche cogli altri baroni, per recare ad effetto quel pensiere, ed assai persone trovò fra’ nobili pronte a secondarlo in tutto, menochè nel promuover lui al trono: chè le mire de’ suoi avvocati e degli altri erano dirette al principe di Paternò, duca di Montalto, il quale oltre al chiarissimo sangue, era innanzi ad ogni altro barone siciliano potente e dovizioso. Possedea egli in Sicilia vastissimi stati, oltre a quelli che avea in Ispagna, a’ quali erano venuti ad aggiungersi quelli del duca d’Alcalà, cui per ragion della moglie era succeduto; ed oltracciò espertissimo era nell’arte di governare. Era stato più volte presidente del regno di Sicilia; poi era stato promosso a vicerè di Sardegna, e dopo di avervi governato dieci anni, gli era stato successore il cardinal Trivulzio. Disgustato del governo, per averlo tolto di carica senza dargli altra remunerazione, era venuto non guari prima in Sicilia, erasi ritratto alla sua contea di Golisano, e quindi era venuto in Palermo, ove da pochi lasciavasi vedere: e quel suo misterioso contegno accrescea nel pubblico il desiderio di lui e ’l rispetto per la sua persona.
Palesatogli da Pietro Opezzinga nobile palermitano la trama in apparenza diretta a promuovere il conte di Mazzarino, altamente approvolla: e conferenze si faceano spesso tra ’l duca, l’Opezzinga e’ due avvocati.
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