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      L’arditezza del popolo di Messina giunse a tale, che avendo il vicerè conte d’Ajala spedito in Milazzo un percettore con cento soldati, per esigere certi tributi, dai quali i Messinesi teneansi pei loro privilegi esenti, come Milazzo era compreso nel distretto di Messina, vi fu mandato uno de’ senatori con cinquecento armati. La truppa regia fu volta in fuga: il percettore fu condotto in Messina, ove gli venne data la colla in una piazza pubblica. Due dei loro furono mandati in Madrid, i quali ottennero un ordine diretto al vicerè di non molestare più oltre Messina, senza farsi più motto di quel delitto: nè ciò potè ottenersi colle nude parole.
      Anche più ebbe a spender poi Messina per ugner le mani al vicerè duca di Sermoneta, che il popolo chiamava duca da far moneta, tanto ne era ingordo, il quale caldamente sposò le parti di Messina. Vi stette gran pezza, per far valer quel privilegio, che più milioni era costato. Fu allora che per opera del messinese Ascanio Ansalone duca della Montagna, ottenne quella città lo strano privilegio, che solo da Messina potessero trarsi le sete per fuori regno. Il senato di Palermo e la deputazione del regno rimostrarono al vicerè il danno che ne sarebbe venuto a tutto il regno, e non ebbero ascolto; anzi volendo i Messinesi, che ciò passasse in legge e se ne facesse una prammatica, il vicerè volea compiacerli. Erano i Messinesi sicuri di ottenerlo; da chè de’ diciannove magistrati, che componeano il sacro consiglio, dieci eran messinesi e solo cinque palermitani.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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