Se la minorità dei principi è sempre cagione di debolezza ne’ governi, assai più dovea esserlo la minorità di Carlo II, che trovava la suprema autorità già da lung’ora mal rispettata: e ben se ne videro gli effetti in Sicilia. Le tante franchigie concesse a Messina, l’uso di comprare il silenzio della corte di Madrid per qualunque ardimentoso procedimento, aveano reso quel popolo indocile all’autorità del governo; tanto che, essendo vicerè il duca di Alburquerque negaronsi a pagare più oltre quel dazio che diceasi quarta dogana e serviva alla custodia di que’ castelli. Il vicerè per indurre quel popolo a pagare il dazio, avea colà spedito Emmanuele di Mionga giudice della monarchia. Non fu ricevuto; anzi fu tagliata la gomena, che legava al lido la galea che lo portava, per farla di forza allontanare. Nè il ministero di Madrid fe’ alcun caso di ciò. Tale rea condiscendenza confermò gli animi nel poco rispetto all’autorità del governo, ed assai contribuì alle triste vicende, che non guari dopo seguirono.
II. - Sterile era caduto il raccolto dell’anno 1671, anche più quello del 1672, in cui la carestia fu somma. Gl’insani regolamenti, per cui il magistrato dovea pensare a dar mangiare ai cittadini, faceano che in simili casi non a naturali cagioni, ma a malversazioni la carestia sempre si ascrivea, indi alla calamità naturale teneano spesso dietro disordini e tumultuazioni. Così avvenne in Messina. La plebe levossi in capo contro il senato, incese le case de’ senatori, saccheggiò il palazzo del comune, stanziò nuovi regolamenti per l’amministrazione dell’annona, respinse i senatori ed altri ne elesse.
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