Anche il castellaccio venne in potere de’ Messinesi.
III. - Malgrado tali vantaggi, pericolosa era la condizione di que’ cittadini. La città mancava di viveri, di denaro e di soldati, per potere far fronte alle forze, che la Spagna avrebbe senza meno rivolte a quell’impresa. Aveano ben eglino fatto fondere tutti gli argenti delle chiese per moneta; giungea a quando a quando qualche carico di viveri: ma tutto ciò era a gran pezza inferiore al bisogno. Però si rivolsero a cercare l’ajuto straniero e spedirono messi al re Luigi XIV di Francia. Quell’ambiziosissimo re, allora in guerra colla Spagna, accolse con piacere la richiesta e promise loro ogni maniera d’ajuti. Intanto che si stava in Messina ad aspettarli, varî incontri seguivano tra la truppa regia e i Messinesi con vantaggio or dell’una or dell’altra parte. Non guari dopo addì 28 di settembre giunse in Messina il cavaliere di Vallebelle, che seco menava sei vascelli di linea e tre brulotti, carichi di truppe e di viveri. Non è a dimandare se ne furono lieti i Messinesi. Da per tutto fu tolto il ritratto di Carlo II e sostituitovi quello di Luigi XIV, la bandiera di Francia sventolò su tutti i castelli, il senato depose la toga spagnuola e in tutti i dì festivi mostravasi vestito alla francese. Accrebbe la gioja della città la presa del castello del Salvatore. Francesco Arecuso, che vi comandava, non potendo reggere ad un vigoroso attacco fattogli dalle truppe francesi e dalle bande messinesi, promise di render il castello, con doverne uscire con tutti gli onori militari, se fra otto giorni non fosse soccorso.
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