Prima dì spirar quel termine fu in veduta l’armata spagnuola, forte di ventitrè legni. Si fece credere all’Arecuso d’esser quello un nuovo rinforzo mandato dal re di Francia, e lo si fece entrare in dubbio, che il comandante, non trovato reso il castello, si negasse ad adempire i patti della capitolazione. Lo spagnuolo vi prestò fede: ma venuto appena fuori, accortosi dell’inganno, tentò di riprender di forza il castello e vi restò prigione.
La letizia dei Messinesi fu di breve durata. Il Vallebelle ripartì. I viveri da lui portati eransi già consumati e la fame si fece maggiormente sentire, perchè il mare restò affatto chiuso dalle numerose navi spagnuole; e dalla terra il marchese di Bajona sempre più strignea la città. Mancati i viveri d’ogni maniera, giunse quel popolo a pascersi de’ più stomachevoli cibi: pure si confortava colla speranza di un vicino soccorso.
Addì 12 di dicembre del 1674 giunse in Palermo il nuovo vicerè marchese di Villafranca, e tosto ne ripartì per recarsi al campo di Milazzo. Cercò sulle prime ricondurre i Messinesi all’obbedienza con indulto generale pubblicato, ma non fe’ frutto. Ringagliardì l’attacco, gli venne fatto di ripigliar la torre del faro e di meglio custodire il braccio di san Ranieri, ed intanto facea devastare tutte le campagne dei dintorni. Vennero così ad accrescersi dentro la città gli orrori della fame. In questo addì 7 di gennaro del 1675 fu in vista di Messina una nuova armata francese forte di sette vascelli e tre barche incendiarie comandata dal marchese di Valevoir e dallo stesso Vallebelle, ed accompagnata da otto tartane cariche di vettovaglie.
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