Il giorno 9 di febbraro del 1675 le due armate vennero alle mani. Ad onta del suo coraggio l’ammiraglio Duquesne era per aver la peggio nel conflitto e già cominciava a cedere, quando inaspettatamente sopraggiunse il cavaliere Vallebelle con tutti i legni, che seco avea in Messina, il quale, conosciuto, che gli Spagnuoli correvano ad attaccare l’armata di Duquesne, avea lor tenuto dietro. Il suo arrivo pareggiò la partita; anzi accrebbe il coraggio de’ Francesi, e gli Spagnuoli ne furono sopraffatti. Uno de’ loro vascelli fu preso, due affondati, gli altri dispersi.
Vinta la battaglia, il duca di Vivonne venne a Messina. Addì 22 d’aprile fu solennemente riconosciuto come vicerè nella città di Messina e negli altri luoghi dell’isola di Sicilia, nei quali i popoli si averanno scaricato del giogo spagnuolo, e con tal carattere ricevè da’ senatori l’omaggio e giurò l’osservanza de’ privilegi della città in nome del re Luigi; e nel seguente maggio si fece la gran cavalcata allora in uso in tutte le giulive occasioni.
Allontanata l’armata nemica, reso libero il mare, ogni cosa era lieta in Messina: ma negli altri luoghi di Sicilia i popoli, se voleano scaricarsi del giogo spagnuolo, come la corte di Francia sperava, non volevano addossarsi il giogo francese; senzachè le armi francesi non venivano a sostenere alcun movimento generale della nazione, ma a difendere la ribellione di una sola città, mossa dalla brama di volersi ingrandire a spese di tutto il regno: bastava ciò a renderle odiose, onde pochi progressi potè fare il duca di Vivonne.
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