Il monaco, per vendicarsi del duca di Vivonne, avea accettato lo incarico, e venuto in Messina con un suo fratello, avea ordita una congiura, per dar la città agli Spagnuoli. Scoperta la mena, il duca di Vivonne avea fatto impiccare i due fratelli e gli altri congiurati, ed avea tolte le armi ai cittadini, i quali da quel momento guardavano i Francesi come oppressori.
Il vicerè e l’ammiraglio Ruiter, a’ quali non era ignoto lo stato delle cose in Messina, pensarono di correre al tempo stesso sopra quella città, e mentre questo colla sua armata teneva in rispetto la francese e l’impediva d’agire, quello per la via di terra dovea attaccare due forti, che il Vivonne avea fatto erigere fuori la città; superati i quali, era facile impadronirsi della città stessa. L’impresa mostrò da prima di volere riuscir bene: i due forti furono espugnati; ma quel popolo, temendo la vendetta dell’esercito regio, se entrava di forza in città, chiese a gran grida le armi per difendersi. Il duca di Vivonne costernato non potè negarsi. I Messinesi allora diedero addosso agli Spagnuoli con tal furia, che i due forti furono ripresi e l’esercito regio respinto.
Fallita quell’impresa, tentò il marchese di Villafranca di cacciare i Francesi da Augusta. Sperava riuscirvi per mezzo de’ cittadini, cui il dominio francese era odioso, co’ quali teneva pratiche. Ruiter vi fu spedito per assalir la piazza; Duquesne v’accorse per difenderla. Addì 22 di aprile del 1676 le due armate furono a fronte ne’ mari tra Siracusa ed Augusta.
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