Ma i Messinesi, compulsi dalla prepotente forza francese, anche volendo, non poteano porger l’orecchio a parole di pace; però il conte di Bornaville, già arrivato in Sicilia nel giugno del 1677, preparossi con più vigore alla guerra.
Il duca di Vivonne erasi insignorito di Scaletta e Calatabiano, piccole terre tra Messina e Taormina, e ricevuto un rinforzo di presso a cinquemila uomini, era nell’autunno dell’anno stesso venuto a mettersi ad oste nelle pianure di Mascali con animo di stringere d’assedio Catania: ma l’aria mal sana di quei luoghi in quella stagione fece ammalare i soldati, millecinquecento ne morirono, e per non perdere tutti gli altri, peggio che disfatto in battaglia tornò a Messina.
Il castello di Mola non andò guari che fu ripreso dal conte di Bornaville, per opera di un prete della terra, nemico de’ Francesi. La notte de’ 17 dicembre dugento quaranta Spagnuoli accostaronsi al piede della rupe, sulla quale sorge quel castello; quaranta di essi furon tratti su colle funi dal prete e da’ suoi amici. Entrati così nel castello, assalirono la guarnigione, la quale colta alla sprovveduta, oppressa dal sonno, si arrese, salva la vita e la libertà.
Ma già la guerra, per cui il re Luigi XIV di Francia erasi indotto a soccorrere i Messinesi, tirava al suo fine; la speranza di voler conquistare la Sicilia era ormai svanita; e però essendo giunti a quel re i ricorsi del duca di Vivonne, che chiedea nuovi soccorsi, e de’ Messinesi, che si querelavano del Vivonne, egli spedì in Sicilia il maresciallo duca della Feuillade, in apparenza per richiamare in Francia il Vivonne e pigliare il governo in sua vece; in realtà per abbandonare con tutte le truppe Messina.
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