Essa fu opera di Giacomo Serpotta e Gaspare Romano. Per tal modo in mezzo a quel turbine di distruzione surse un monumento, per far conoscere lo stato delle belle arti in Sicilia in quell’età.
VII. - I baluardi poi, che fin’allora erano stati custoditi dai cittadini, furono guarniti di truppa spagnuola, per pagar la quale s’impose in città un dazio straordinario, che fu detto nuovo imposto. E finalmente fu eretta a grandi spese presso la città una fortezza detta la cittadella, per servire di difesa e di freno alla medesima.
Nè la sola città di Messina, ma tutto il regno ebbe a sentire gli effetti del rigore e degli avventati modi di quel vicerè. Tutte le altre città del regno furono spogliate del dritto di scegliere i loro magistrati a bussolo, e la scelta loro fu riserbata al governo. Nè le persone più eminenti in dignità e i magistrati supremi furono con più dolcezza trattati.
Avea quel vicerè destinati de’ capitani di campagna, per arrestare que’ malandrini, che infestavano le pubbliche vie. Parecchi ne furono colti nel maggio del 1680. Il tribunale della gran corte li fece tutti frustare e li condannò dieci anni in galea. Era fra costoro un soldato spagnuolo: tutti i militari spagnuoli si tennero offesi ed ebbero ricorso al vicerè, il quale senza por mente, che il tribunale ignorava la condizione di colui, perchè ned egli, nè altri avean messo avanti il foro militare, levò affatto di carica il presidente Diego Joppolo, l’avvocato fiscale Giovanni Rizzari, i procuratori fiscali ed i giudici, due dei quali carcerò, uno nel castello di Tusa, l’altro in quello di Cefalù; confinò i due procuratori fiscali in Lipari, e chiamò in Messina, ov’egli trovavasi, il presidente e l’avvocato fiscale.
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