Dato costui agli studî, poco pensiere davasi del governo del regno, che interamente affidava ai suoi segretarî. Finchè visse Felice Lucio de Espinosa, che seco venne da segretario, uomo sagace, attivo ed onesto, il governo fu regolare e quel vicerè fu gradito: ma morto costui, ebbe la stessa carica il furbo e rapace Felice della Croce Haedo, il quale da una mano secondava la negghienza del vicerè e la sua passione per gli studî, dell’altra vendeva le cariche, la giustizia, il perdono de’ delitti. Nè il duca altro pensiero davasi che spogliar la Sicilia di quadri, statue, antiche monete, libri di gran pregio o per la rarità o per l’edizione, ed antichi manoscritti. Trovato nel real palazzo i manoscritti del Lascari, ne li menò in Ispagna, per esservi forse pasto de’ ratti.
IX. - Fu questa l’ultima e forse non la men grave delle calamità, che afflissero la Sicilia nel XVII secolo, in cui tennero il regno gli ultimi tre re della famiglia austriaca; dacchè entrato appena il secolo XVIII Carlo II finì di vivere (novembre 1700). Fu in quel secolo che a tante guerre straniere, a tante interne perturbazioni vennero ad aggiungersi le più frequenti carestie, spaventevoli terremoti, eruzioni straordinarie dell’Etna. Pure fra tante ree vicende, uomini illustri sorsero da meritar un luogo distinto nella storia letteraria di Sicilia. Accademie furono in quel secolo erette, non che in Palermo ed in Messina, ma in molte altre città del regno; e comechè da tali accademie uscivan solo prose e versi in tutto degni di un secolo, in cui il gusto delle lettere era tanto corrotto, pure servivano a tener desta la nazione.
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