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      Tutti credon portare alle stelle la propria città o con darle que’ meriti, che non ha, o con esagerare quelli, che ha. È proprio da ridere al sentire stabilita l’origine di Palermo sin dai tempi del diluvio universale. E poco mancò, che gli storici palermitani di quell’età non avessero trovato nelle sacre carte una settima giornata di creazione destinata dal supremo fattore a trar dal nulla Palermo. Non men ridicoli sono il Chiarandà, che intende provare ad evidenza, che Piazza sia l’antica Gela, ’l buon cappuccino, che vuol far vedere in Naro l’antica Agrigento. E tutti poi ti danno tanti uomini illustri in ognuna delle città; di cui scrivono, quanti non poteron vantare nè Atene, nè Roma, nè Sicilia tutta nell’età sua più gloriosa.
      Ma il difetto principale di molti fra gli scrittori di cose municipali in quel secolo è lo studio di procacciare vanto alla città loro, con toglierne alle altre. Venne il ticchio all’Auria di rubar santi alle altre città, e con ciò stuzzicò un vespajo. A ciò si aggiungevano i libelli, che con tanto disdoro non che delle lettere, ma del nome siciliano pubblicavansi in Palermo contro Messina, in Messina contro Palermo; intantochè sul cadere del secolo l’autore de’ prolegomeni alla storia del Maurolico non potè ristarsi dal dire ai Siciliani: Narrate le cose vostre, ma narratele come conviene ad uomini dotti e prodi, a’ Siciliani, senza studio di parte; è indegno d’uno scrittore di storia, che val quanto dire di verità, il mostrarsi parziale per tale o tal altro luogo; anche più indegno è l’esaltar questo con iscapito di quello.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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