Il duca di Veragues vicerè, avutone l’incarico, riunì il parlamento addì 17 di gennaro del 1701 e colle solite forme ricevè l’omaggio della nazione, e prestò per parte del nuovo re il consueto giuramento per l’osservanza de’ capitoli e costituzioni del regno.
Ma il testamento di Carlo II destò un incendio di guerra. L’imperatore di Germania, l’Inghilterra, l’Olanda diedero addosso alla Francia. Tredici anni bastò la guerra, durante la quale la Sicilia fu in continuo timore di una straniera invasione o di alcun movimento interno; che gli imperiali più d’una volta cercaron di suscitare. Per la pace finalmente conchiusa in Utrecht nel 1713 la Sicilia toccò a Vittorio Amedeo duca di Savoja. Lieta fu la nazione d’esserle toccato un re italiano, noto per le sue buone qualità; e la comune letizia venne accresciuta quando gli ambasciatori spediti a Turino dalla deputazione del regno, dal senato e dal capitolo di Palermo, per ossequiare il nuovo re, tornati in Sicilia, recarono sue lettere, nelle quali dava notizia d’essere sulle mosse per venire al possesso del nuovo regno.
Addì 11 di ottobre del 1713 il re giunse in Palermo. Eran già secoli che la Sicilia non vedea alcuno dei suoi re. Quel sentimento nazionale, che ad onta del tempo e dell’impegno di soffocarlo è sempre divenuto più forte ne’ Siciliani, produsse all’arrivo del re quasi una generale frenesia. Il solenne ingresso di Vittorio Amedeo, la sua coronazione, il giuramento da lui prestato furono celebrati con pompa non mai vista fino allora, ed in Palermo se ne volle eternare la memoria con una iscrizione apposta nella faccia del palazzo del senato.
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