Forse fu quello un tentativo, che volle fare l’infante, per vedere se i comandanti in Sicilia stavano al convenuto.
Finalmente quando ogni cosa fu in pronto in Napoli, fu imbarcato l’esercito per la spedizione di Sicilia, di cui fu dato il comando al conte di Montemar, che fu anche destinato vicerè. A dì 28 di agosto il naviglio fu alle viste di Palermo. Il general Roma, saputo appena il suo avvicinamento, partì per Siracusa. La durezza e le estorsioni del governo austriaco; l’abitudine contratta da’ Siciliani di vivere sotto la dominazione spagnuola; la fama delle virtù del nuovo re; e quella natural vaghezza di novità, che fa a tutti sperare miglior ventura nei cambiamenti, resero oltremodo gradito l’arrivo degli Spagnuoli. Il popolo di Palermo traeva alla marina e godea dello spettacolo di tutti que’ legni (erano oltre a trecento le navi da trasporto, oltre quelle della guerra), i quali per la calmeria trattenevasi in alto mare. Nè sì tosto addì 29 di quel mese lo esercito prese terra a Solanto, che la nobiltà vi corse, per ossequiare il comandante. Vi spedì suoi ambasciatori il senato, per avere per la resa della città le stesse condizioni accordate nel 1718 dal marchese di Leyde; e l’ottenne. Il domane l’esercito accostossi alla città e venne a fermarsi dall’altra parte nella campagna di Malaspina. Il conte di Montemar prese alloggio nella villa del duca di Sperlinga; addì 2 di settembre entrò in città accompagnato dal senato, dal principe di Butera e da molti baroni, e venne al duomo ove lettasi dal protonotaro del regno la real cedola, per la quale il re Carlo, quarto fra i monarchi di Sicilia di tal nome, venuto al possesso di questi regni per la cessione fattagliene dal re suo padre e dal principe delle Asturie suo fratello, destinava suo vicerè nel regno di Sicilia Giuseppe Cartillo Albornoz conte di Montemar.
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