Ed una prova solenne volle darne allora stesso col promettere in quella pubblica udienza agli ambasciatori siciliani, che presto si sarebbe recato in Palermo, per esservi coronato sull’esempio di tutti i re di Sicilia suoi predecessori. Quest’onore compartito alla Sicilia dava sul naso a qualche altra città; per lo che grandi mene eransi fatte, per indurlo a coronarsi altrove. Fu allora, che il senato di Palermo fece scrivere all’infaticabile canonico Mongitore l’opera sul dritto, che ha la città di Palermo, di dar la corona ai re di Sicilia. Ma non era mestieri di tal libro. Quell’ottimo re non lasciò mai piegarsi a deviare dal suo proponimento di rispettare gli antichi statuti e le civili consuetudini del regno.
IX. - Come seppe, che la cittadella di Messina era per cadere; mosse per terra a quella volta sulla fine di febbraro del 1735 e vi giunse addì 9 di marzo. In presenza sua fu consegnata la cittadella alle sue armi, in presenza sua ne partirono i Tedeschi. La deputazione del regno ed il senato di Palermo, saputo il suo arrivo in Messina, vi spedirono altri ambasciatori, per ossequiarlo. Dopo due mesi di dimora in quella città imbarcossi, per venire in Palermo, addì 16 di maggio. Venuto fuori del porto, nello stretto levossi un vento contrario, per cui fu mestieri passar la notte in quella spiaggia. Rimessosi il domane in mare, sulle undici ore a. m. del giorno 18 fu alle viste di Palermo. Avea egli due giorni prima di partire fatto spedire un corriere in Palermo, per dare avviso della sua mossa, ma questo non era ancora arrivato; e per essere inaspettata la sua venuta, più viva ne fu la gioja de’ Palermitani.
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