Il re levossi, e toltosi il cappello e ’l guanto, posta la mano ignuda sul vangelo, rispose: Così lo giuro. Si fece allora avanti il pretore col libro de’ privilegi e consuetudini di Palermo, e postosi in ginocchio, pregò il re a giurarne del pari l’osservanza; e il re giurò, ma col cappello in capo e colla mano vestita del guanto. E quell’atto fu accompagnato dalle grida festose di tutto il popolo, dalle scariche delle artiglierie.
Comechè i giuramenti de’ principi siano, sventuratamente per l’umanità, sempre subordinati alla ragion di stato, pure il giuramento di Carlo IV spirò una gioja straordinaria, perchè il popolo altamente confidava nella religione di quel buon re, e ne avea onde. Carlo nell’insignorirsi dei regni di Sicilia e di Napoli avea riacquistato un patrimonio avito, ma lo avea acquistato coll’armi, nè i popoli aveano avuta alcuna parte in ciò: pure quell’ottimo principe sdegnò l’odioso titolo di conquistatore, e di sola sua volontà prestò quel giuramento, che poi tenne con ammirevole lealtà.
Nè men fastosa fu la funzione della sua coronazione. La gotica soffitta, che allora conservava il duomo di Palermo, per non essere stato ancor contraffatto, fu vestita artificiosamente, e negli spartimenti furono posti nove grandi quadri, nei quali si rappresentavan le gesta del re David e la sua unzione e coronazione. Nell’ornato soprapposto alle mura laterali del tempio, conservandosi la stessa euritmia della soffitta, furono lasciati nove partimenti per ogni lato ne’ quali furono situati diciotto quadri, che rappresentavano le coronazioni di Rugieri I, di Guglielmo I, di Guglielmo II, di Tancredi, di Rugieri II, di Guglielmo III, di Arrigo I, di Federigo I, di Arrigo II, di Manfredi, di Pietro I d’Aragona, di Giacomo, di Federigo II, di Pietro II, di Lodovigo, di Federigo III, di Martino e di Vittorio Amedeo.
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