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      L’esperienza smentisce quel ragionamento. Una lente del diametro di trentadue pollici francesi, che abbia otto linee di foco, alla distanza di sei piedi fonde il rame; ovechè un’altra del tutto simile, ma con dimensioni dodici volte più piccole, produce nel suo foco un calore appena sensibile. Altronde poi Descartes suppone, che Archimede avesse dovuto necessariamente adoprare specchi di un sol pezzo. Certo sarebbe stato impossibile, che il matematico siracusano avesse fatto uso di una lente di refrazione o di un specchio di riflessione, che avrebbero dovuto essere di grandezza ineseguibile; senzachè nel secondo caso le navi avrebbero dovuto essere tra ’l sole e Siracusa, ciò, che per essere il porto ad occidente della città, non poteva avverarsi, se non nelle ore del tramonto, in cui assai lieve è il calore.
      Kircher nella sua opera: Ars magna lucis et umbrae, pubblicata 9 anni dopo la Diottrica di Descartes propone il poblema: Machinam ex speculis planis construere ad centum pedes urentem. Aveva egli osservato, che uno specchio piano della larghezza d’un piede produce alla distanza di 100 piedi un punto luminoso d’un quarto di piede; e che dirigendo l’un dopo l’altro cinque specchi allo stesso punto, il quinto producea un calore insopportabile. Da ciò conchiuse, che accrescendo il il numero degli specchi, si poteva produrre un incendio a molto maggior distanza, che lo specchio concavo non potrebbe. Su tale idea Buffon nel 1747 fece costruire in Parigi uno specchio ustorio composto di 168 specchi piani, che potevano moversi indipendentemente l’uno all’altro.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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