Ora Hoveden, da cui abbiamo la narrazione di questi fatti, nulla dice del discorso tenuto da Tancredi al re di Francia; e, se Riccardo alloggiò nei sobborghi, ciò fu perchè Filippo, che giorni prima era giunto, era alloggiato in città e nel palazzo reale; però non potea esservi luogo per gli Inglesi. Le brighe tra questi ed i Messinesi non son certo da ascriversi a tradimento; di tali brighe, sulle prime che una truppa straniera mette piede in un paese, sempre ne nascono; ed altronde i Messinesi aveano grande ragione di guardar di mal’occhio il re inglese pell’avventato procedere d’impossessarsi di un forte e di un monastero, cacciatone i monaci, senza chiederne permesso al re, ne’ cui dominj era.
Ma ciò, che veramente sorprende, è quanto lo storico inglese poco appresso soggiunge: «Tancredi, che per la sua sicurezza, desiderava d’infiammar l’odio reciproco (dei due re), usò un artifizio, che avrebbe potuto avere conseguenze anche più fatali. Egli mostrò a Riccardo una lettera sottoscritta dal re di Francia, recatagli, com’e’ diceva, dal duca di Borgogna, nella quale quel re volea che Tancredi assediasse i quartieri degl’Inglesi; e promettea di dargli mano nel farne macello, come nemici comuni. L’incauto Riccardo prestò fede a ciò; ma, franco com’era, mostrò il suo mal’animo a Filippo, il quale negò d’avere scritta la lettera, e dichiarò di essere stata contraffatta dal principe siciliano. Riccardo fu, o mostrò d’essere soddisfatto della scusa.»
Se quel sommo storico avesse ben considerati i fatti, da lui stesso narrati, si sarebbe astenuto dall’imputare al re di Sicilia un’azione tanto infame.
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