Talchè fu proverbiato da Platone di esser simile ad abile cuoco, che dilettando il gusto co’ suoi intingoli e manicaretti, assassina lo stomaco e la salute de’ ghiotti.
Egli è vero che i germi di quest’arte esistevano nell’acuto ingegno de’ Siciliani, e certo in quello di Corace e di Tisia; ma costoro ne usarono discretamente nelle controversie del foro, ove talvolta è necessaria. Pertanto non devono accagionarsi del danno, che indi recò alla eloquenza, e se ad essi vuolsi ascriverne l’invenzione, non però l’uso continuato, rivolto a falsar di proposito il vero, e molto meno lo strano dilemma accennato dal Palmeri.
Il carattere de’ Siciliani, riconosciuto da Cicerone, gens acuta et controversae naturae, li ha spinto in ogni tempo ad assordare l’aule di giustizia con sofismi e declamazioni. Le forme di governo popolari, od oligarchiche sin dall’arrivo dell’elleniche colonie da Sicilioti adottate; e l’ambizion suscitata in molti di prestante ingegno, furon potentissime cause, che nascer fecero e progredir l’eloquenza in quest’isola, innanzi che in Grecia. Della favella che lor fioriva sulle labbra si valsero essi per trionfar presso i magistrati e sul popolo.
L’eloquenza precesse tra noi la coltura e l’arte, e cresceva in questo suolo, qual pianta spontanea e rigogliosa, che dà fiori e frutta pria che fosse coltivata. Il prisco Stesicoro, che di qualche secolo seguì Omero, con energica arringa, e con l’apologo del cavallo del cervo e dell’uomo debellò in Imera numeroso partito, sedotto dall’astutissimo Falaride, che sotto colore di difenderla, volea ridurla in servitù.
| |
Platone Siciliani Corace Tisia Palmeri Siciliani Cicerone Sicilioti Grecia Stesicoro Omero Imera Falaride
|