La sua vasta mente, la onnigena dottrina non lo facevan certo abbassare a quest’utile, ma pur mezzano ufficio, proprio d’un ingegno subalterno. Preparandosi egli ad arringare come fan gli oratori anche estemporanei, avrà potuto specular gli artifici indispensabili per trascinare il popolo al suo imperioso arbitrio, e comunicarli anche a Gorgia. Però sdegnar doveva di scriverne trattati elementari che per quanto giovino, non sono l’occupazione di chi aspira a gloria maggiore, come un La Grange, un Piazzi non sognaron mai di scrivere le regole dell’aritmetica, ed ove ne avessero scritto per qualche peculiare ragione, non l’avrebbero curato.
Laonde dissemi bene e con nobile orgoglio Gaetano Batà, gran matematico, a cui erano stati usurpati i cartolari dì aritmetica ed algebra composti per necessità ad uso di alcuni suoi allievi «che importa a me che mi sia stato rubato l’alfabeto della scienza, come non importerebbe a voi se vi fosse stata involata una vostra grammatica.»
Ognun sa che Diogene Laerzio fu un indigesto, e spesso inesatto affastellator di notizie. La sua citazione del trattato del sofista di Aristotile, che si è perduto, non è recata nelle parole dello Stagirita, e non sappiamo come questi si fosse espresso. Quintiliano severo critico poi, che avea presente forse il sofista di Aristotile, accenna seccamente in modo indeterminato ch’Empedocle tentò qualche cosa sulla rettorica: movisse aliqua circa rhetoricen; ma pure giudiziosamente non afferma di esserne stato inventore, nè di averne scritto i precetti.
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