Lo stesso Corace ne avea dato lo esempio; perocchè divenne opulento per mezzo della sua facondia, e l’arbitro del popolo siracusano di cui guadagnò la fiducia, non ostante che era stato il confidente e forse l’istrumento del tristo governo di Gerone. Nel foro echeggiava ogni dì la sua voce per sostener le controversie, recate innanzi a’ magistrati, dopo che cessarono i tumulti pel mutato regimento, e richiamativi gli esuli, domandavano essi la restituzione dei loro beni (689), e affollativi gli stranieri, ne sollecitavano la cittadinanza, contrastata loro dagli antichi nativi. Tisia allora divise col maestro i clienti, e divenne suo emolo ne’ piati, in cui vincea per acutezza di mente tutti gli altri suoi condiscepoli, e al dir di Pausania gli oratori della età sua, di che die’ chiaro argomento l’ingegnosa al certo e sottile orazione che profferì nella lite di una donna siracusana (690).
Il citato Pausania ci narra inoltre che Tisa fu scelto dai Leontini compagno di Gorgia nell’ambasceria da loro spedita agli Ateniesi per chieder soccorso contro Siracusa (691). Ma l’esser egli nativo di questa città, e il silenzio di Diodoro, scrittor siciliano, lo salva dalla taccia di traditor della patria, qual sarebbe stato, se accolto avesse quell’incarico da’ suoi nemici.
Tisia e Gorgia erano in Atene allo stesso tempo, il primo per farvi fortuna coll’ammaestramento nell’arte rettorica, e l’altro per sostenere l’onorevole ambasceria de’ suoi concittadini; ma poi vi si stabilì durevolmente, e cumulò anche ingenti ricchezze coll’insegnamento dell’arte oratoria.
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