Dalle osservazioni quindi sulle sue varie orazioni ricavò i principali precetti, che giovano all’oratore, e ridusse ad arte l’eloquenza, connaturale più o meno agli uomini; ma più o meno rozza, secondo la lor peculiare attitudine a ben ragionare e parlare. Cicerone rammentando insieme Corace e Tisia, come primi scrittori delle regole dell’arte del dire, par che ad entrambi ne accomuni l’onore, intendendo forse di averle Tisia accresciute e migliorate; ma da una lettera di Aristotile ad Alessandro Magno si ricava, che Corace composto avea un trattato di rettorica e tace di Tisia, suo allievo. Questi adunque potè in seguito estenderlo, e corredarlo di esempî, ma non già essere il primo a darne in iscritto le norme.
Da nessuno si è osservato finora che Corace coll’invenzion della rettorica e coll’esercizio del foro, in che divenne famoso, ritrovar dovette insieme la dialettica che n’è inseparabil compagna, della quale però si è attribuito il vanto a Zenone D’Elea (696) discepolo di Parmenide. Or questo Zenone è vero che fiorisse quasi allo stesso tempo che Corace; ma essendo la dialettica quanto a dire l’arte di argomentare base e sostegno della rettorica, la quale rende l’altra fiorita ed aggradevole con l’uso delle figure, non puossi supporre, che il nostro Siracusano nell’inventare e scrivere i precetti rettorici, non abbia allo stesso tempo speculato e inventato quelli della dialettica. Aristotile prova gl’intimi rapporti dell’una con l’altra (697). Gli stoici appellavano la prima, l’arte di ben parlare e di persuadere, e l’altra il metodo di ragionare con la cognizione del vero, del falso e del verosimile (698). Or perchè il retore col suo ornato parlare giunga a persuadere, ha mestieri di conoscere il metodo di ragionare, affinchè s’accinga a provare il vero e distinguerlo dal falso e dal verosimile: talchè se Corace, secondo la testimonianza di Ermogene, di Cicerone e di Quintiliano, fu l’inventor della rettorica, egli, fra’ più antichi oratori presso il popolo e i tribunali, fu parimenti l’inventor della dialettica, e a Zenone altro pregio non devesi ragionevolmente concedere che quello di averla migliorata ed applicata forse alla filosofia, come l’altro rivolta aveala all’oratoria.
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