L’autore di questa storia propone sei capi degli empj dommi dei Manichei, e ne promette la confutazione, sebbene poi nol faccia. Il Sirmondi afferma, che esisteva nella Vaticana la confutazione di due soli capi, e che in sostanza era un nudo tessuto dei testi della Sacra Scrittura.
Descrive in questo libro l’origine della setta dei Manichei cominciata da Scitiano, Terebinto e Manete, propagata e a quando a quando mutata da Paolo Samosateno, Costantino, Simone e Sergio eresiarchi, e di tutti costoro espone la vita, i vizj, i delitti, la morte in quel modo stesso, ch’egli apprese in Tibrica nei nove mesi, che vi soggiornò, parte dai Manichei, coi quali era entrato in disputa, parte dai cattolici ritornati dall’errore alla verità. Anzi afferma aver lette alcune carte contenenti le stolte ed empie loro dottrine. «Queste ciance si leggono nelle carte dei Manichei: queste noi medesimi abbiam letto, perchè avrem negato fede agli altrui detti; avendo voluto per la salvezza vostra studiare questa setta esiziale.»
Quanto Pietro Sicolo narra di Manete il trascrisse quasi a parola dalla catechesi di s. Cirillo Gerosolimitano, quantunque vi frammetta delle cose nuove sapute nella sua legazione: molte notizie anche trasse dal libro di s. Epifanio De justo Dei judicio e dall’altro contra ottanta eresie.
La storia dell’eresia dei Manichei conservossi lungo tempo manoscritta nella biblioteca vaticana. Nel 1604 fu pubblicata la prima volta ad Ingolstadt con una versione latina da Matteo Radero gesuita, che raccolse le notizie da me già esposte.
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