Indi venne ristampata nel tomo decimosesto della Biblioteca Massima degli Antichi Padri (Lione 1677, pag. 753) e, se non mi fallisce la memoria, nel tomo nono di un’altra Biblioteca de’ ss. Padri.
Finalmente crediamo nostro debito l’avvertire, che alcuni critici credono e sospettano, che l’autore di quest’opera sia lo stesso Pietro Sicolo vescovo di Argo.
Di altri scrittori appartenenti per avventura all’epoca della dominazione bizantina dovremmo forse qui far parola. Ma basti per una nota il detto finora: riserbandoci d’illustrare quel periodo troppo mal conosciuto e giudicato in opera, che richiede più lungo tempo e più diligenti ricerche ed esami. (Nota dell’Edit. P. Sanfilippo)
XXXIV.
Nell’antologia, che si pubblicava in Firenze, ci venne letto (n. 108) in un articolo sul volgarizzamento del libro di Ruth, testo del buon secolo della lingua, segnato K. X. Y. il seguente brano. «Un de’ quali volgarizzamenti egli reca a verso la metà del secolo XIII. Con che sarebbe dimostrato, che non in Sicilia fiorisse prima che in Toscana la lingua; cosa già chiarita abbastanza dal fatto: che dopo Federigo e Manfredi quella tanto vantata preminenza svanì tutt’a un tratto. Certo non è da credere che la lingua da Dante scritta da Cino, e da Guittone nelle sue rime potesse, trapiantata, fiorir d’improvviso e durare per tanti secoli nell’invidiabile sua bellezza, intantochè la vera madre di quelle eleganze, dopo qualche anno di gloria dovea vedersi abbassata alla condizione d’un dei più strani dialetti e de’ più lontani dalla lingua scritta, che in Italia si contino.
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