Non è da mettere in forse che tale riunione di tutti i conti i prelati, i sindaci delle città del regno, che trattarono uno affare sì grave, debba chiamarsi parlamento. Ed altronde per l’antica costituzione del regno, in ogni caso di morte del re, si riuniva il parlamento, per riconoscere e giurar fedeltà al successore ed assistere alla sua coronazione. Ma è certo uno strafalcione di Di Blasi, il dire che quel parlamento ebbe luogo dopo la coronazione di Manfredi; come è errore del Mongitore (Stor. dei Parlam. T. I) il non annoverar tra gli altri parlamenti di quella età, nè questo, nè il parlamento convocato da re Manfredi in Foggia. In quella vece tien conto di un supposto parlamento di Barletta, sull’autorità del cronista Matteo Spinelli da Giovenazzo.
Ma, ove si ponga mente alle cose dette dal cronista, si vedrà non essere stato quello veramente parlamento. Dice costui che in quella riunione di Barletta vi furono tutti i Sindaci della provincia a vedere che se avea a fare: e tutti stavano in paura, che tutti li guai non venissero sopra di loro (Giornal. di Matt. Spinello da Giovenazzo, presso Muratori S. R. I. Tom. VII, pagina 1085 e seg.); ma una lettera scritta da Napoli di Aspreno Caraccioli, nella quale dava notizie dell’ingresso solenne di re Manfredi in Napoli, della grazia ivi fatta e della sua benignità, li confortò. Se dunque il re era lontano, quella riunione non era parlamento. L’errore intorno a ciò nasce dal non considerare che nel medio evo qualunque riunione di uomini, per parlare d’alcun affare, diceva: parlamentum, colloquium; ma ove trattavasi della legale e solenne riunione dei feudatarî, de’ prelati e dei sindaci delle città, ciò si chiamava: Curia generalis, curia sollemnis, curia procerum.
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