(8) Sotto Caronia, nel sito, in cui è la Chiesa di S. Maria Annunziata.
(9) Città d’incerto sito. Amico (Lex. top. Sic. - V. Inicum) la crede tra Gela ed Agrigento.
(10) Orrido attentato, qui esclama il Diblasi, che rompe i sacri legami delle confederazioni, e vulnera i supremi dritti di natura e delle genti, di cui volesse il cielo che non vi fossero simili funesti esempii anche ne’ secoli più illuminati, nei quali dicesi che la filosofia del buon senso, del giusto e dell’onesto domina sui cuori dei principi. Storia civile del regno di Sicilia, tom. I, lib. II, cap. III, art. III, fogl. 202.
? Il medinno, detto comunemente attico, perchè principalmente adopravasi in Atene, valea sei moggia. Può qui ricercarsi, se il medinno presso i Siciliani avea la stessa capacità, che presso i Greci: molto più che Dionisio d’Alicarnasso, il quale racconta questo fatto, dice: cinquantamila medinni siciliani. Io credo che sì, non solo perchè la Sicilia era uno stato greco e però dovea probabilissimamente tener gli stessi pesi e le stesse misure della Grecia; ma ancora per un passo di Cicerone, il quale dice, che in un jugero dei campi leontini seminavasi in grano quasi un medinno: in jugero agri leontini medimnum fere tritici seritur, perpetua atque aequabili satione (Verr. 5, c. 47). Or Varrone (De re rust. L. 44) ne dice, che in un jugero si posson seminare cinque moggia di frumento: seruntur fabae modii in jugero quatuor, tritici quinque, hordei sex, farris decem. Dunque, il medimnum fere di Cicerone corrisponde con qualche piccola differenza alle cinque moggia di Varrone, perchè la quantità indicata dal primo può calcolarsi un cinque moggia e mezzo.
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