(292) Romuald. Salern. presso Caruso tom. II p. 818.
(293) Riccard. da S. German. chronic., ivi pag. 455.
(294) Falcand. Epist. De Calamitate Siciliae, presso Caruso, Tom. I, pag. 403. Nel principio della epistola dice: Quia difficile est in morte nutricis alumno persuaderi ne lugeat, non possum, fateor, lacrymas continere, non possum desolationem Siciliae, que me gratissimo sinu susceptum benigne fovit, promovit et extulit, vel praeterire silentio, vel siccis oculis memorare. Da queste parole si scorge di non essere stato il Falcando, come taluno crede, Siciliano; e la lettera stessa prova ch’egli non era più in Sicilia alla morte di Guglielmo II. È probabile, come altri pensa, che sia stato Francese. È poi bello il considerare che costui e Pietro da Blois furono nello stesso tempo in Sicilia; l’uno la dice: Beatam insulam omnibus quidem regnis praeferandam; e l’altro crede d’esser questa la porta dell’inferno.
(295) Hoveden (presso Caruso, tom. II, pag. 959) dice: Venit ad prioratum qui dicitur Labainarie (La Bagnara) et nullam ibi moram faciens transivit fluvium magnum, qui dicitur Lefar de Messines. Et juxta turrim lapideam, quae est ad introitum del Far in Sicilia, jacuit nocte illa in tentorio. Fluvius autem ille de Far dividit Calabriam et Siciliam. Dice poi che la più grande delle isole, che sono attorno la Sicilia, si chiama Muntgibel, che manda tal quantità di foco che seccava il mare e bruciava i pesci; de’ quali alcuni volando si alzavano uno stadio sull’acqua e poi ricadevano in mare.
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