Non è molto che mi sono capitate alle mani alcune lettere scritte ad un'amico vacillante e dubbioso da uno di quelli, che la Dio mercè non sono restati attaccati dai pregiudizj dell'universale infezione, le quali sostengono con gran vigore e la podestà della Chiesa di castigare gli Eretici e la giustizia e decoro del tribunal della Fede: ed avendole credute opportune all'intento, con gran premura ne ho sollecitata l'edizione; e tanto più volentieri ho risoluto di pubblicarle, quanto le ho trovate più ben ragionate e discrete, come quelle che alle più sode dismostrazioni uniscono nella scelta delle sentenze tale moderazione e cautela, che, senz'accostarsi ad estremi viziosi, ne aprono con una connivenza colpevole troppo facile la strada all'empietà, nè la chiudono affatto con quel soverchio rigore, che può render talvolta la stessa virtù men rispettata e men bella. E gridino pure quanto vogliono e sanno i furibondi increduli, ed usino pure gl'impauriti Cattolici quella riserva e circospezione che credono; che io fra tanto strepito di malvagie opinioni e sistemi crederò sempre cosa mal sicura e nocevole il tacere, e dirò sempre con S. Agostino(16) che la costanza e il coraggio di chi combatte per la verità maggiore esser deve dell'ardire e dell'ostinazione [XIII] degli Eretici, ed usando le stesse sue parole ripeterò sempre ad alta voce, che se pertinacia insuperabiles vires habere conatur, quantas debet(17) habere constantia, quae in eo bono, quod perseveranter atque infatigabiliter agit, et Deo placere se novit, et procul dubio non potest hominibus prudentibus displicere?
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