Anche adesso, dice per tutti S. Agostino(213), è lodevole una tale pratica, nè hanno i Re di questa più acconcia maniera di prestare ossequio e di servire al Signore: Quomodo Reges Domino serviunt in timore, nisi ea, quae contra jura Domini fiunt, religiosa severitate prohibendo, atque plectendo, sicut servivit Ezechias, lucos et templa Idolorum, & illa excelsa, quae contra praecepta Domini fuerunt constituta, destruendo(214)? sicut servivit Josias, talia et ipse faciendo(215)? E S. Girolamo(216) nella lettera a Ripario epilogando i maggiori castighi dati da uomini piissimi ai bestemmiatori ed increduli nell'una e nell'altra alleanza, tutti li approva, e li dichiara coerenti alle prescrizioni divine: Legi seiromasten Phinees, austeritatem Eliae, zelum Simonis Cananaei, Petri severitatem Ananiam & Saphiram trucidantis, Paulique constantiam, qui Elymmam magum viis Domini resistentem aeterna caecitate damnavit. Non est crudelitas, pro Deo pietas; unde & in lege dicitur: Si frater tuus & amicus & uxor, quae est in sinu tuo, depravare te voluerit a veritate, sit manus tua super eos, & effundes sanguinem eorum, & auferes malum de medio Israel. Così S. Girolamo: lo stesso scrive Ottato Millevitano(217), e ripetono gli altri tutti. Ma a che andar mendicando dalle opere degli antichi dottori la verità, quando chiara ci vien proposta dalla Chiesa, che ne è il fondamento e sostegno? Parlò ella ad alta voce dalle sue cattedre infallibili, e col fulminare gli errori e coldecretare contro gli Eretici ogni sorte di correzione anche più rigorosa dimostrò chiaramente non che lo zelo invincibile che [74] nutre nel custodire il deposito della sagra dottrina, ma le pene altresì che corrispondono al delitto di chi l'abbandona.
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