Dice lo stesso Ugo Grozio(221); anzi assicura che non può nascer dubbio, che siano giuste quelle pene temporali, che si danno a coloro, i quali negano o l'esistenza di Dio, o la provvidenza, giustizia e bontà, o la divinità e redenzione di Cristo: Si quis Deum esse, aut curare humana, aut judicium post hanc vitam exercendum neget: si quis Deum omnium peccatorum vere auctorem statuat, si quis Christi deitatem, aut peracta per [76] Christum apolutrosin neget, quis dubitet, quin homo tam profanus imperio summae potestatis aut e publico munere, aut republica ejici possit, etiam non multis in consilium adhibitis? Più precisa di queste è la testimonianza di F. Paolo, il quale dopo aver distinti i peccati contro la prima Tavola, che vanno a ferire la divina maestà da quelli contro la seconda, che offendono gli uomini, confessa(222) a chiare note, che i primi sono peggiori degli altri, e ne inferisce da ciò che i principi sono più obbligati a punire le bestemmie, l'eresie, gli spergiuri, che gli omicidj ed i furti: sentimenti e verità incontrastabili che egli ha dedotto dal gius canonico, ove dicesi che è longe gravius aeternam, quam temporalem laedere majestatem(223).
Su queste traccie ha scritto ancora il raccoglitore delle varie storie stampate in Colonia, che ho citato in altre mie; ed ai tanti spropositi, che ha incontrati e ricopiati con molt' esattezza dal discorso di F. Paolo, non ha avuta l'imprudenza del Bartolotti e di alcuni altri d'aggiugnere anche questo, che gli Eretici debbano andare impuniti, dal quale l'istesso F. Paolo s'era per fortuna astenuto.
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