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      Nè andarono mai disgiunti da così utili provvidenze i felici successi. A questi attribuisce Geremia il ravvedimento dello sconoscente Israello. Castigasti me Domine, et redditus sum quasi juvenculus indomitus(232): e di varj altri del vecchio Testamento ce ne assicura l'istesso apostata Girolamo Mario, che nel pessimo opuscolo, che scrisse nel 1553, per [78] vilipendere in uno col tribunale del S. Officio i dommi più sagrosanti della cattolica Religione si esprime nella seguente maniera; Quandoque vero calamitates et tribulationes adhibens idem agit, unde legitur in Esaia, futurum esse in summa calamitate ut homo idola sua aurea et argentea et in eis talpas et vespertiliones projiciat. Quid et Manasses tunc tantum idololatriam quid vanum ac impium esse cogitavit, cum captivus in carcerem conjectus est. Quid de Nabucodonosore dicam? et ipse nonnisi flagello Dei percussus veritatem Domini ac Deum Caeli agnovit et illum adoravit(233). Tanti poi sono i ravveduti dopo S. Paolo per questa strada delle tribolazioni e castighi, che sembra superfluo il rammentarli: e S. Agostino addita le intere città che hanno per tal mezzo ricuperata la Fede. Or se la colpa è si grave e deforme, che o si consideri in se stessa o ne' rapporti, che ha e coll'oltraggiata divina bontà e colle pregiudicate cattoliche società, merita i più severi castighi; se tale è la condizione d'un'infelice colpevole che può appena sperare per altra strada la sua risorsa; e se l'uso de' castighi è sempre stato di grande utilità ne è mai andato disgiunto dalle più copiose benedizioni del Cielo; chi può più mettere in dubbio se convenga o no che l'ereticale perfidia sia frenata coi più severi castighi, e che l'Eretico non è reo solamente ma anche punibile non dalla Divina soltanto, ma anche dalla giustizia umana?


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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