Delle quali cose abbiamo e ne' Concilj e nelle Bolle pontificie e nell'una e nell'altra storia autentici monumenti; e basta scorrere l'articolo 14. condannato in Gioanni Hus dal Sinodo di Costanza e la proposizione 33. condannata in Lutero da Leone X. per restarne convinto.
Non è però la sola autorità e sagra e profana, che unita alla pratica ci obbliga a pensar così. La ragione istessa ed un più serio riflesso alla qualità e gravità del delitto ce lo persuadono. Qual cosa evvi mai ne' delitti comuni che li renda meritevoli dell'estremo supplicio, la quale non s'incontri moltiplicata a più doppj ne' delitti di Fede? È la natia orribilità della colpa che guida tra le fiamme un'infame operatore di azioni nefande? e qual deformità si trova in costui, che non abbondi nell'Eretico, il quale, giusta la frase delle Scritture, abbandona i casti amplessi della Sposa di Gesù Cristo per darsi in braccio alla vile e laida prostituta di Babilonia? Insegna S. Massimo(400), che gravius est Religionis adulterum esse, quam [159] corporis; et plus est integritatem Divinitatis laedere, quam integritatem hominis violare. È il danno che reca ai suoi simili un ladro ed un sicario, che li strascina al patibolo? ma qual danno è da paragonarsi con quello, che dagli Eretici soffrono i Cattolici, se vengono privati della Fede istessa di Gesù Cristo, che è il primo principio ed il più sostanzioso alimento della vita dell'anima? È il disturbo che recano alla pubblica tranquillità i ribelli, che li condanna a morire? ma qual disturbo non soffre e qual danno non ha da temere da un'Eretico pertinace la civile e religiosa società dei Cattolici?
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