Che razza di bontà e misericordia sarebbe mai questa, esclama qui acconciamente con Origene nel suo decreto Graziano(523), che perdona ad uno per metter tutti in pericolo? quae est ista bonitas, quae est ista misericordia, uni parcere, & omnes in discrimen adducere?
Ridotte le cose a questi termini, tutto sarà coerente e ben'ordinato; e voi adottandole rispetterete così nella Chiesa quella maestosa sovrana, che al dir de' Profeti, nelle giuste sue collere divien terribile, come un'esercito preparato a combattere. Ammirerete nei sovrani que' valorosi campioni, che sono destinati dalla provvidenza divina a prestare al regale suo trono l'opportuno soccorso. E lasciando alla Chiesa quel privativo diritto, che ha ricevuto da Gesù Cristo, di giudicare delle cause di Fede, e quella discreta coazione, che è inseparabile da ogni vera giurisdizione esteriore, giacchè jurisdictio sine modica coercitione nulla est(524), nè stenderete la mansuetudine della Chiesa a quelle pene, che disdicono alla maggior perfezione dello Stato degli Ecclesiastici, nè l'autorità de' sovrani a quei giudizj, che ripugnano alla loro condizione e carattere. Ma. questo è appunto ciò, che vi ha recato molt'apprensione, e vi fa temere, che una tale distinzione di giudice e di esecutore e non convenga per se stessa all'unità della causa, e provveda assai male al decoro del principato, che di sovrano qual'è diviene nello stesso suo Stato ora spettatore ozioso delle esecuzioni altrui, quando le pene sono miti, ora pedissequo e mero esecutore de' giudizj ecclesiastici, quando portano seco la mutilazione o la morte.
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