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      Pazzie sono queste da non cadere in mente che di frenetici deliranti, e che voi troverete già dissipate nella quinta mia lettera, e meglio prima di me dal grande Agostino dove delle leggi parlando e della società dei Fedeli, tu, dice(533), cives civibus, gentes gentibus, et prorsus homines primorum parentum recordatione, non societate tantum, sed quadam etiam fraternitate conjungis. Doces Reges prospicere populis, mones populos se subdere Regibus.... ostendens quemadmodum & non omnibus omnia, & omnibus charitas, & nulli debeatur injuria. Il perchè lasciata in disparte questa prima vostra obbiezione, tutto mi volgo a sciogliere gli altri dubbj, i quali sebbene non siano di grande impaccio, non possono però essere esclusi con una generale eccezione, e fondati sulla pratica e sentimenti della Chiesa stessa meritano una più precisa risposta.
      E per farmi dal primo io ripeto con ogni asseveranza che trattandosi di pene leggiere ha la Chiesa per se medesima diritto di usarne senza altro esigere dal principato cattolico che la protezione e difesa di quella libertà e diritto che ha ricevuto dal Cielo; e credo d'averlo mostrato abbastanza nelle passate [225] mie lettere: quello che non so capire si è, come mai possa essere caduto in mente di uomo che pensa e ragiona, che questo pregiudichi all'autorità dei sovrani. Non ne fa uso liberamente anche il padre, coi difettosi suoi figli, il marito colla moglie indocile, il maestro coi negligenti scolari senza che ne risenta alcun danno la pubblica autorità? Eppure difetti correggono perlopiù che interessano la tranquillità dello Stato; e sono stati più volte oggetto della pubblica vigilanza.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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