Diceva costui che doctores ponentes quod aliquis per censuram ecclesiasticam emendandus, si corrigi noluerit, saeculari judicio est tradendus, profecto sequuntur in hoc Pontifices, Scribas et Phariseos, qui Christum non volentem eis obedire in omnibus, dicentes nobis non licet interficere quemquam, ipsum saeculari judicio tradiderunt, et quod tales sint homicidae pejores quam Pilatus. Non s'inoltra tanto l'ardire de' nostri detrattori, e prescindendo per ora dall'equità del giudizio di chi abbandona, si ferma a criticare tutto il complesso di queste condanne per l'indecente comparsa che vi fa la podestà secolare e pel discapito che soffre la causa medesima. Due imposture sono queste non men ripugnanti d'ogni altra, le quali prendo ora a dileguare di proposito.
Mi sbrigherei in vero con ogni facilità dalla prima, se lo sbaglio adottando di quei giureconsulti, che per favorire oltre il dovere la podestà secolare hanno insegnato, che il giudice laico prima di secondare le ecclesiastiche determinazioni ha il diritto di ricercare il processo della curia ecclesiastica, di assoggettarlo a rigorosissimo esame, e cassare anche la fatta dichiarazione, se non lo trova conforme allo stile della curia: nel qual caso voi ben vedete quanta superiorità ed azione acquisterebbe nelle cause non sue la podestà secolare, e quanto poco influirebbe a scemarne il decoro la podestà della Chiesa. Mi guardi il Cielo però dall'appoggiare a mal fondate immaginazioni l'equità della mia causa e vi ripeto di nuovo, che l'indicata [234] opinione è tanto più insussistente e meno ragionevole quanto la trovo più disapprovata dai bravi canonisti e dottori che cita il Pegna(540), e più discorde dalle costituzioni d'Alessandro IV., Clemente IV. ed Innocenzo VIII., che nelle cause di Fede l'hanno rigettata espressamente.
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