Spero che non vogliate voi accrescere il numero di pensatori così sconsigliati ed improvvidi, e persuaso che il libero esercizio della podestà della Chiesa non nuoce mai nè è ingiurioso ai sovrani, neppur quando corregge e castiga, deporrete l'antiche ombre e sospetti: e con questa fiducia in cuore, che non è fondata soltanto sull'ottima indole del vostro carattere, ma sulla sodezza altresì e gravità delle prove e ragioni che ho addotte per trarvi d'inganno, passo a dirmi col solito attaccamento
LETTERA VENTESIMAPRIMA
Qual parte abbia nelle cause di Fede la suprema podestà
del Romano Pontefice.
Dalle efficaci ragioni ed autorevoli testimonianze, che vi ho addotte finora, voi siete restato convinto, che v'è nella Chiesa cattolica una vera giurisdizione coattiva, che può assoggettare gli Eretici al meritato castigo, senza che ne risenta alcun danno o l'ecclesiastica moderazione o l'autorità dei sovrani o la libertà della Fede: ma questo non basta ancora al nostro intento. Il tribunale, di cui si tratta, procede per autorità delegata dal Romano Pontefice; e non è legittimo ed autorevole, se manca in lui la pienezza di quella giurisdizione, che è necessaria alla Chiesa, o se non può estenderla ampiamente per tutto il mondo cattolico. Quindi è che merita ogni lode il giudizioso quesito, che mi fate nell'ultima vostra, cercando se il Papa può innalzar tribunale nelle altrui diocesi, ed obbligare tutti i Fedeli a conservar quella Fede, che hanno professata una volta: ed io prendo tanto più volentieri ad istruirvi su questo punto, quanto più interessa la nostra causa, e quanto maggiori sono i nemici, che lo contrastano.
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