Io non m'oppongo che all'abuso che ne fanno i moderni Giansenisti ed increduli a scredito di quelli che tengono l'opinione contraria strapazzati da loro senza pietà, come se spogliata avessero la vescovile giurisdizione della più nobile prerogativa che la rende d'ordine divino, e a danno della Religione e della Chiesa.
Niuno de' canonisti e teologi, che ammettono la vescovile giurisdizione proveniente immediatamente dal Papa, la crede e chiama da gran tempo d'istituzione puramente umana, nè riconosce ne' Vescovi una semplice luogotenenza e vicariato; e se tra gli antichissimi qualch'uno si trova che siasi servito di così inesatte espressioni, è da attribuirsi piuttosto a quella sicurezza, colla quale sciolti dalle insidie di tanti novatori che sono nati dappoi potevano parlare allora senza pericolo d'essere intesi malamente, che ad errore che avessero nell'animo. Tutti i teologi e canonisti di qualche nome dicono adesso che più assai di una semplice delegazione e vicariato esprimono le parole di S. Paolo(599), che raccomanda ai Vescovi la cura del Gregge che è stato da Dio alla loro autorità affidato, e quelle di S. Pietro(600), che chiama di loro pertinenza quella porzione del Gregge, della quale devono aver cura, e quelle in fine di Gesù Cristo medesimo(601), che distingue i veri pastori, che guardano la propria greggia, dai semplici mercenarj e ministri che custodiscono l'altrui. E tutti dicono che sebbene tale podestà di giurisdizione non nasca ne' Vescovi da Dio immediatamente, come quella del Papa e la loro stessa podestà d'Ordine, non è però sussidiaria e di pura delegazione, ma ordinaria e propria del loro carattere, e che dev'essere esercitata a nome proprio non a nome del Papa, fuori dei casi ne' quali agiscono come suoi delegati speciali: e sono così lontani dal riconoscere ne' Vescovi un'autorità o puramente umana o di semplice delegazione e vicariato, quanto sono lontani dal confondere col mercenario il pastore, il ministro col Principale e l'ordinaria podestà colla delegata e precaria: e direbbono anche di più, se non temessero le conseguenze che dedur sogliono i nemici della S. Sede [258] da qualunque espressione, detta ad esaltamento e gloria della podestà vescovile, per sollevarla contro quella stessa sorgente da cui deriva.
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