E le soppressioni de' monasteri e de' Benefici quanto non diverrebbero per gl'Inquisitori Preti odiosa cosa, se moltiplicate di troppo facessero di continuo risovvenire ai Regolari, che non occupano solo le cariche, che per tanti secoli sono state uno de' lustri maggiori del ceto regolare, ma che vivono ancora a loro spese e discapito? E le Chiese che resterebbono per questo nuovo provvedimento chiuse alla divozione de' Fedeli, e le scienze e le arti ed i poveri, nudriti sì spesso dai monasteri, che resterebbero privi di sì opportuno sovvenimento, e quelli che aspirano al conseguimento de' Beneficj, e quelli che hanno il diritto di dispensarli non riclamerebbero tutti contro la disgustosa risoluzione di unir tutto in un solo Monsignor delegato della Sede apostolica? Sa il commentatore di qual disesto riuscì un tempo il solo trasporto di una assai meno interessante incombenza da uno in altr'Ordine Regolare, e non paventa alcun disastro se il trasporto succeda di sì grande incombenza e di tanti beni da quella de' Regolari in mano de' Chierici secolari? Motivi sono questi assai forti che disapprovano ogni innovazione in questa parte, e rendono tanto più plausibile il presente sistema quanto si scorge più coerente alla condizione di Regolare, più adattato ai bisogni del tribunale e più opportuno alla quiete e convenienza di tutti: cresce però a dismisura la loro forza e valore, se vengono paragonati colla vanità e leggerezza di quelle congetture e riflessi, che porta il commentatore per accreditare il nuovo progetto.
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