.. Quia ipse etiam omnium peritissimus legum Imperator Justinianus in ea fuit sententia, leges nempe civiles non praecedere debere, sed sequi ecclesiasticas, idque sine dedignatione. E merita correzione in questa parte, come ho accennato altrove, il celebre Ab. Gauchat, che per trasporto di zelo e forse per desiderio troppo ardente di levare ogni ombra di mal'intesa odiosità al nostro tribunale si è lasciato cader dalla penna(800), che gli Ecclesiastici paghi d'aver dichiarati i colpevoli convinti di empietà, non sottoscrivono giammai ai decreti, i quali non vengono formati che da giudici secolari, l'autorità de' quali emana dal principe, e che l'Inquisizione anzi che usurpare i suoi diritti, li esercita a suo nome. Regge appena in parte il discorso, se si parla di soli decreti di mutilazione e di morte, ma non è poi vero che i giudici ecclesiastici non formino giammai decreti di condanna trattandosi di pene più moderate e discrete, ed è poi sempre falso che gl'Inquisitori esercitino a nome del principe il loro impiego. È questa una dell'Imposture di Fr. Paolo, che lo disse nella sua storia un tribunale del principato, e fu smentita con molta energia dal Cardinal Albici nella risposta alla storia medesima: ed è molto più uno sproposito dell'ignorantissimo P. Morardi, che chiamò non ha molto i magistrati secolari Inquisitori nati della Fede, deriso e confutato colla sua solita lepidezza e valore dall'eruditissimo Sig. Can. Guasco nella sua lettera antimorardica(801). Io ho parlato di ciò nelle lettere 15. e 16.: e supponendo ora quello ch'ivi ho provato, dico che se i sovrani non hanno alcun diritto nelle cause di Fede, e se le loro leggi devono essere in questi affari pedisseque non padrone dell'ecclesiastiche disposizioni, niun pregiudizio possono essi aver riportato dai giudici delegati del Romano Pontefice.
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