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      E non è che parto del gran talento di M. Antonio de Dominis quel terrore, dal quale suppone sorpresi i sovrani a fronte di un tribunale così ossequioso della loro maestà: e tanto è lungi dall'essere vero che fraternosi Inquisitores, come egli dice(803), facti sunt vel ipsis principibus formidabiles, che anzi ad altro non aspirano per ordine espresso della S. Sede che a renderseli affezionati e benevoli, e si vedono bene spesso prostrati ai piedi del loro trono per implorar protezione e soccorso. Ma v'è anche di più. Neppure nel sistemarlo ha ricusata la S. Sede la loro assistenza e consilio, e si è prestata per quanto è stato possibile al loro genio e piacere; e pochi sono i luoghi ne' quali sia stato introdotto senza le precedenti preghiere ed istanze de' rispettivi sovrani, come si sa essere accaduto nelle Spagne, in Portogallo, in Venezia ed ultimamente anche in Parma. In nessun regno o provincia è stato eretto senza il preventivo consenso [369] di quel governo che dominava in quel tempo, nè ha ottenuta in alcun luogo altra forma che quella, la quale i principi stessi hanno desiderato che avesse. Hanno voluto alcuni Re di Napoli, che gli Inquisitori non eseguissero veruna commissione senza parteciparla al sovrano, ed ottenerne il consenso, e che passasse dal Chiostro al palazzo arcivescovile e dalle mani de' Frati in quelle de' Preti; e a giudizio di Pietro Giannone medesimo lo ricercavano(804), e vi è passato talvolta, come ce ne assicurano le più recenti e viridiche storie.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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