(853), accorse a salvare la vita d'Enrico IV., quando fu insidiata la prima volta da Pietro de la Barrere(854), e la solenne condanna che fece in Parigi, come ho già detto, della perniciosa opinione del tirannicidio l'Inquisitore Polet. La reità del primo, quantunque non dimostrata abbastanza serpeggia per ogni dove e si comunica a tutti: e la pietà, compassione e giustizia degli altri, che, quanto al primo ed ultimo fatto almeno, è incontrastabile, o si mette in dubbio, o si confina nel cuore di que' soli Domenicani, ai quali viene attribuita, perchè non giovi ad alcuno. Ma sia pure ciò ch'essi vogliono. Hanno perduta la causa, se riducono i difetti del S. Officio a vizio delle persone particolari. Io ho preso a difendere non gl'Inquisitori, ma il sistema del tribunale, e dico che non è mai stato crudele nè quanto alle pene che ha fulminate, nè quanto al metodo, che ha osservato nel castigare gli Eretici; e le crudeltà arbitrarie, che può aver'usate talvolta un qualche non lodevole Inquisitore, sono tanto meno da attribuirsi al tribunale, quanto sogliono essere castigate con più rigore, se avvenga che siano dedotte al tribunale superiore. Scorrete di grazia le ottime provvidenze prese da Clemente X. e dal Ven. Innocenzo XI. al solo ricorso che fecero alcuni colpevoli carcerati in Lisbona, per dar loro la meritata soddisfazione, e mitigare quel soverchio rigore, che si era introdotto colà; poi ditemi, se ad istanza del più potente monarca si potevano prendere più pronte risoluz
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