Solo dirò che tutti hanno riconosciuta questa pratica per un estremo rimedio; tutti i criminalisti ne hanno rilevata in ogni tempo l'imperfezione ed i pericoli; e che nulla ha detto di nuovo chi dalla robustezza delle fibre di un nerboruto villano e dalla effeminata delicatezza di un'incredulo libertino ha voluto argomentarne i difetti. Li ha fin dai suoi tempi rilevati assai meglio S. Agostino(865), il quale dice; Cum quaeritur, utrum sit nocens, cruciatur, et innocens luit pro incerto scelere certissimas poenas, non quia illud commisisse detegitur, sed quia non commisisse nescitur, ac per hoc ignorantia judicis plerumque est calamitas innocentis. Ha mai saputo dir tanto un'erudito moderno? Ma anche prima di S. Agostino l'aveva accennato assai bene Ulpiano(866) dicendo; Res est fragilis et periculosa, et quae veritatem fallat: ed Aristotele(867), scrivendo che quibus necessitas adhibetur, ii non minus falsa, quam vera dicere solent: nam vel dolorem tollerantes verum occultant, vel facile mentiuntur, ut citius a cruciatu liberentur: e lo ha confermato con tanti esempj nella sua teorica criminale il Gotofredo(868), che è superfluo il cercarne dei nuovi. Contuttociò dicano pure ciò che vogliono e sanno costoro, sarà sempre ne' tribunali cosa assai vantaggiosa lo sconvolgere ne' rei [394] più maliziosi quel fisico sistema, che li rende più arditi e pertinaci in faccia del giudice, e colla forza de' tormenti indurre in loro quella necessità di dire il vero, che accenna Cicerone nei Tropi, e nascer suole negli uomini perlopiù dal dolore, dal desiderio, dalla rabbia, dal timore e da qualunque altra violenta perturbazione.
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S. Agostino Cum S. Agostino Ulpiano Res Aristotele Gotofredo Cicerone Tropi
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