In questo aspetto chi è che non veda, che non solo non giova a provare la storta opinione di coloro, che pretendono di tacciare d'ingiustizia un Fedele, che ommessa la previa correzione privata, denuncia ai tribunali esteriori chi dà sospetto d'infedeltà; ma dimostra anzi evidentemente ciò ch'essi ricusano di confessare, cioè che fino dai tempi apostolici sussisteva nella Chiesa il foro esteriore, che nel fulminare la scomunica e nel dichiarare gli scomunicati si regolava a un dipresso per ordinario come al presente, e che finalmente un tal metodo invece di abbatterlo, giustifica anzi a meraviglia quell'Editto medesimo, di cui parliamo, il quale, a comodo e scampo di chi è obbligato a denunciare, tre ammonizioni premette di fatti dopo quel mese, che accorda di dilazione, prima che proceda a dichiararlo incorso nella suddetta scomunica?
Comanda è vero, Gesù Cristo nel luogo citato la correzione fraterna: ma che risponderanno mai i nostri contraddittori, se nello spiegare l'estensione e qualità del comando dicessi, che non si deve stendere al delitto d'eresia, o perchè non è da annoverarsi tra i fratelli chi abbandona la Fede, o perchè questo delitto è di tale enormità e gravezza da non esser confuso coi delitti comuni? Eppure non è quest'opinione priva affatto d'approvatori e seguaci. Io però non ho di essa bisogno per difendere l'Editto del S. Officio. Regge egli anche nella sentenza più applaudita e comune, che confessa essere quello della correzione fraterna un precetto naturale e divino, e che non può essere escluso dall'ampia sua estensione qualunque difetto, che recar possa qualche pregiudizio alla salute del prossimo.
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