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      Che poi abbiano i giudici delle cause di Fede, e si riservino nelle loro condanne l'autorità di crescere e sminuire la pena, sapete che vuol dir ciò? vuol dire, che i rei del S. Officio trovano in questo tribunale quel favore, che sperar non potrebbero in verun'altro; cioè che si lascia in qualche modo in loro arbitrio il soggiacere o no al castigo, che è loro stato imposto; e non hanno in questo altro male, che quello che vogliono avere per loro propria elezione. Vuol dire, che qualunque pena abbiano riportata nella loro condanna, può divenire e diviene di fatti mitissima, quando col loro pentimento e colla savia loro condotta fanno comparire assai chiara la sincerità del loro ravvedimento; e che condannati ancora al carcere perpetuo possono ottenere con facilità e il cambio in qualche religioso ritiro ed anche la piena loro libertà, se sanno meritarla. E quello che in altri tribunali è grazia speciale, che non si accorda che a pochi, in quello del S. Officio è stile, e diviene talvolta disposizione di equità dovuta a tutti; E siccome egli è più inclinato alla misericordia, che al rigore, e basta un solo dubbio, come è stato detto altrove, per arrestarlo da ogni penale risoluzione, ed un lampo solo di vero pentimento per piegarlo alla più mite condiscendenza; così non è da temersi, che la libertà, la quale riserva a se stesso il giudice, di accrescere o diminuire la pena possa mai riuscire ai colpevoli di alcun aggravio; ma è da credersi al contrario, che questa medesima libertà riesca loro di gran sollievo e vantaggio.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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