Quel mistero fecondo di frodi ed insidie, che in lui travede la malignità dei nostri contradditori, è un sogno; ed il religioso segreto ad altro non mira che al buon'ordine e migliore riuscimento di questi affari gravissimi. E qual'è mai quell'uomo prudente, che nell'agire un'interesse di grande importanza, che può essere attraversato dall'altrui astuzia e malignità, non procuri di occultare, quand'è possibile, i suoi passi e maneggi? È forse la prudenza sbandita dai tribunali? o sono i giudici o dalle leggi o dalla natura stessa delle cause costretti a propalarne i meriti prima del tempo, e spargerli per ogni piazza e ridotto? Leggo anzi presso Scipione(1006), che il notaro ed il giudice [453] di qualunque tribunale non devono manifestare ad alcuno i meriti della causa, che hanno per le mani, e che non vanno immuni da ogni pena, se mancano a questo dovere: Notarius nemini pandere debet secreta et merita causae ante publicationem processus, sub paena falsi, et punitur poena extraordinaria, et idem est in judice. Anzi neppure i testimonj possono, parlando a rigore, scoprire ciò che hanno deposto, come insegna il Deciano(1007). E perchè dunque si dovrà condannare uno stile consimile in un tribunale, nel quale è tanto più necessario, quanto è maggiore la debolezza de' soggetti che sono esposti all'altrui vessazioni, più ostinata e fina la malvagità de' nemici impegnati a deluderli, e più rilevante e gelosa la gravità e l'importanza de' suoi affari? Quel timore salutare che hanno tutti del sagro tribunale non può nascere dalle pene, che sono rare e mitissime, ma nasce dal solo silenzio, che fa apprendere in lui que' rigori, che non vi sono mai stati, o non vi sono certamente da qualche secolo.
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Scipione Notarius Deciano
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