Nè la sola crudeltà de' Gentili disapprovano S. Cipriano ed Arnobio ne' luoghi citati, ma provocandoli ad abbandonare la vendetta dell'offese ai loro idoli, come Lattanzio ed Atenagora, con maniere assai prudenti li sforzano a riflettere alla loro debolezza, e procurano di ridurli per tal modo non che alla conveniente moderazione, ma anche a miglior senno. Si quid Diis tuis numinis et potestatis est, ipsi in ultionem suam surgant: ipsi se sua majestate defendant. Aut quid praestare colentibus possunt, qui se de non colentibus vindicare non possunt? così S. Cipriano(1086), così Arnobio(1087). Non s'impugna in queste testimonianze la giustizia, che si userebbe nel difendere con temporali castighi la Religion vera; solo si disapprova la coazione usata per sostenere la falsa, e si disapprova con tant'avvedutezza, che fanno travedere in qualche modo, che la sola qualità dell'oggetto è il motivo della loro disapprovazione.
Che dirò di Salviano così inesatto nelle sue espressioni (vizio, di cui lo rimprovera anche il Cardinal Bellarmino), che uguaglia talvolta(1088) la condizione nostra a quella degli Eretici, e dice che Dio li soffre, perchè sbagliano affectu piae opinionis? dirò che dove disapprova la crudeltà de' Gentili ammette la risposta medesima: e dove lascia in dubbio, se debbano gli [492] Eretici, che credono il Figlio minore del Padre, essere o no condannati nel dì del giudizio, si oppone non a noi, che parliamo delle pene di questo mondo, ma all'autore che abbiamo preso a confutare, che dice essere la pena dell'altra vita un freno efficacissimo per ricondurre gli Eretici e contenere i Fedeli ne' cristiani doveri: onde portando l'autorità di costui, altro non fa che ricadere in una delle sue solite incoerenze e contraddizioni.
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