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      Quaere, dice(1138)s persecutionis vel causam vel modum, et noli tanta imperitia generaliter malorum persecutores reprehendere. Tolta la causa ingiusta ed il modo disordinato, egli crede giusta qualunque vendetta; e lo insegna in più luoghi, ma con maggior'energia nel libro contra il medesimo Petiliano, ove dice, che tanto è lontana la cristiana moderazione e dolcezza dal risentirne alcun danno, che anzi l'approva ed esige: et sì Reges, dic'egli(1139), vobis propterea damna, vel damnationem minantur, quia estis Haeretici, terrent vos illi non crudeliter, sed: misericorditer; vos autem non fortiter, sed pertinaciter non timetis. E scrivendo a Nettario(1140) dice, che il solo non cercare direttamente i più severi castighi, che usar suole la podestà secolare, basta anche all'ecclesiastica piacevolezza, perchè in queste ferali esecuzioni non ne risenta alcun danno: Severiore censura nemo plectatur neque a nobis, neque ab alio ullo, intercedentibus nobis..... Veniam quoque non tantum nostris, verum et aliorum instamus delictis mereri, quod impetrare nisi pro correctis omnino non possumus. Questo è che basta a lui, perchè nelle capitali sentenze non soffra alcun danno la moderazione della Chiesa; e posto ciò, approva l'equità della pena, e i mezzi suggerisce, onde può il tenerissimo cuore di questa dolcissima Madre allegerire il rammarico delle sue perdite, riflettendo che tollerabilius longe pauciores pertinacissimi vestri suis praecipitiis vel submersionibus vel ignibus pereunt, quam innumerabiles populi, illis eorum [509] salutem impedientibus, incendio cum illis aeterni ignis ardebunt: così a Gaudenzo(1141). Avete altrove più chiare testimonianze del disprezzo, che S. Agostino ha sempre mostrato di queste meschine obbiezioni; ond'io, per non istancarvi inutilmente, passo al secondo argomento riputato dal S. Dottore non meno stravagante e ridicolo.


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Della punizione degli Eretici e del Tribunale della S. Inquisizione
Lettere apologetiche
di Vincenzo Tommaso Pani
pagine 736

   





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